mercoledì 15 ottobre 2014

Allo spaccio del lassismo si vende accoglienza senza integrazione

di Elisa Mauro
Il carattere improcrastinabile di certi provvedimenti è servito ad arginare alcuni torrenti che in mancanza di essi sarebbero inevitabilmente trasbordati. La legge contro l’immigrazione clandestina ne è un esempio. E ai discorsi che in questa incessante campagna elettorale si stanno moltiplicando sull’apertura, sulla accoglienza incondizionata e sul ripensamento di provvedimenti che disciplinano la clandestinità, occorre apporre ammende. Ricordarsi che i cittadini italiani hanno il dovere dell’accoglienza non può e non deve in alcun modo far sopperire il diritto alla sicurezza, per il quale ogni cittadino paga i contributi allo Stato. Secondo poi: con una comunicazione politica votata alla realtà e alla trasparenza, e non al prodotto, si faciliterebbe la comprensione del disastro che è stato contenuto grazie ai provvedimenti che son serviti senza Europa, senza aiuti e interventi concreti, ad arginare improvvise ondate di disperati. Parlare di leggi buone e di leggi cattive è dovere di ogni politico, ma non saperle contestualizzare e proclamare l’apertura indiscussa a flussi di uomini “non identificabili“ è incuranza politica. «Chi siete?», chiedevano gli svedesi nell’immediato dopoguerra agli operai di Torino prestati alle nuove fabbriche del Nord Europa. E come nelle fresche immagini, pervenute da Lampedusa, li facevano spogliare dei loro borsalini, dei loro completi migliori, finanche delle mutande, e li vestivano con le loro tute, certi che non recassero pidocchi né scabbia. Quando ci si ricorda di essere stati migranti, e dell’accoglienza che paesi civilissimi hanno prestato a noi italiani, ci si dovrebbe anche ricordare di quando i nonni, gli zii venivano messi in quarantena e vivevano in container ai pendii della fabbriche. E a molti di loro che vi rimasero restò solo una grande comunità avulsa da tutto il resto. L’asilo è accoglienza, ma senza una politica comunitaria atta all’integrazione e votata alla tutela reale dei diritti umani, delinquere risulta l’unico modo per sopravvivere. L’Italia si faccia carico, sì, delle sue responsabilità che geograficamente l’hanno portata ad essere un passaggio obbligato per i tanti che chiedono di andare oltre, ma allo stesso modo mantenga il punto sul dovere da parte degli altri Stati membri di accettare i loro richiedenti asilo. Accogliere tutti, perché fa bene dirlo, contrasta il diritto alla sicurezza, alla protezione, al bene di una società che paga le sue tasse, le sue forze per essere impiegate nel controllo di questioni ancora spinose legate alle stesse regioni del sud Italia utilizzate oggi come frontiera non di passaggio. Le sciagure che abbiamo davanti agli occhi sono figlie di un lassismo e di una non curanza che realizza mostri, e non i sogni di quanti sperano di trovare una vita migliore, scappando dalle loro terre di conflitti. La comunicazione politica degli ultimi giorni ci ricorda che se potessimo scegliere di accettare chiunque, di convivere con tutti pacificamente, di garantire a tutti una vita decente e decorosa, saremmo anche in grado di volare. Ma probabilmente con le stesse ali di Icaro.

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