mercoledì 15 ottobre 2014

Partecipazione e cogestione, una sfida per la destra

di Giuseppe Farese
L’attuale marginalità politica della destra è certamente figlia di errori e mancanze che ne hanno caratterizzato il cammino negli ultimi decenni. Ci sono stati, infatti, errori nella strategia e nelle scelte politiche contingenti, ma è fuor di dubbio che ancor più gravi sono risultate le mancanze sul fronte della cultura di governo e dei contenuti. Su quest’ultimo aspetto, contenutistico e programmatico, infatti, la destra ha mostrato più volte la sua debolezza culturale, lasciando che alcuni temi divenissero appannaggio di altre forze politiche o di altri gruppi di pensiero. La preclusione e la chiusura verso alcune questioni imposte dall’avanzare dei tempi, penso ai diritti degli immigrati piuttosto che alle tematiche ambientali, ha fatto si che la destra rifiutasse di interrogarsi su argomenti intorno ai quali si gioca inevitabilmente il futuro del Paese. Perdendo in partenza la sfida culturale e rimanendo, inevitabilmente, confinata ai margini del dibattito pubblico. Ma ancor più grave è apparsa la timidezza della destra rispetto a quei temi che da sempre hanno rappresentato la cornice ideale del suo agire politico. Un clamoroso errore del passato che rischia, però, di perpetrarsi nel presente se non si torna, da destra, ad influenzare il dibattito pubblico assumendo un ruolo da protagonista e non da inseguitore. Tutto quanto detto assume un valore fortemente attuale nei giorni in cui il piano di privatizzazione di Poste italiane prevede importanti novità in tema di partecipazione dei lavoratori agli utili e alla gestione d’impresa. La cessione gratuita di quote di azioni ai dipendenti dell’azienda prelude, infatti, a forme di democrazia economica e di cogestione. Nella stessa direzione, si era mosso qualche giorno prima il Parlamento europeo che, con una risoluzione approvata il 14 gennaio, invitava gli Stati membri ad aprire a soluzioni legislative che prevedano forme di partecipazione dei lavoratori agli utili di impresa. Insomma, il tema della partecipazione è tornato prepotentemente al centro del dibattito, in una fase in cui, l’uscita dalla crisi economica, impone nuovi modelli di relazioni industriali. E se in Germania il modello di cogestione, che include i sindacati nei consigli d’amministrazione delle imprese, garantisce produttività ed armonia all’interno delle aziende sin dal lontano 1976, anno in cui fu introdotta per legge la Mitbestimmung (codecisione), in Italia il sistema partecipativo è stato, per lo più, avversato. Tutto ciò nonostante l’articolo 46 della Costituzione prevedesse espressamente la collaborazione dei lavoratori alla gestione delle aziende, e la partecipazione affondasse le sue radici negli ideali mazziniani e in alcune encicliche papali. Questa avversione verso le idee partecipative non ha certo riguardato la destra, che,al contrario, ne ha fatto uno dei suoi cavalli di battaglia anche quando tali idee venivano fortemente contrastate dalla sinistra politica e sindacale. Oggi però la destra non può limitarsi a rivendicare la primogenitura di tali battaglie, ma ha il dovere, se vuole tornare ad avere rilevanza politica ed ideale ne Paese, di recuperare centralità nel processo di diffusione delle idee. Ecco perché sul tema della partecipazione c’è bisogno di lanciare, da destra, una grande sfida culturale, approfondendo il tema e proponendo soluzioni legislative che favoriscano forme di collaborazione tra datori di lavoro e dipendenti, garantendo, al contempo, produttività ed equità distributiva. Lo studio dei sistemi laddove la cogestione è già una realtà consolidata, potrà essere d’aiuto a cogliere gli aspetti positivi che il sistema partecipativo porta con se:maggiore responsabilità nella gestione d’impresa, rinnovato interesse all’aumento della produttività, armonia nelle relazioni tra datori di lavoro e dipendenti e, infine, riduzione del numero di ore di cassa integrazione.

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