mercoledì 15 ottobre 2014

La guerra dei robot

di Angelo Romano
Una delle ragioni del successo del “turbocomunismo” cinese è il corretto funzionamento della pianificazione. I piani quinquennali cinesi centrano tutti gli obiettivi a differenza di quelli adottati dall’ex Unione Sovietica che ne hanno disastrato l’economia e la tenuta politica. I dirigenti capaci di centrare gli obiettivi loro assegnati vengono premiati con l’avanzamento nella gerarchia del partito e ciò realizza la peculiare meritocrazia vigente in quel Paese. Tra gli obiettivi del dodicesimo piano quinquennale cinese (2011-2015) è stata inserita, per la prima volta, l’eccellenza nella robotica. Si tratta di una scelta strategica, lungimirante e molto ambiziosa, tanto che è stato programmato che la regione di Shanghai dovrà essere la capitale della robotica asiatica entro il 2020. Anche per raggiungere tale obiettivo, la Cina ha rafforzato i rapporti con l’Asean coinvolgendo, nelle aspettative di risultato, gli stati che ne fanno parte (Thailandia, Birmania, Indonesia, Malesia, Laos, Vietnam, Filippine, Cambogia, Singapore e Brunei). La Cina ha promesso ai suoi partners un decennio di diamante, dopo quello, appena conclusosi, dell’oro e si è impegnata a garantire finanziamenti ed assistenza. E va rilevato che Tailandia, Singapore, Malesia e Vietnam sono già molto avanti nel settore, tanto che la sola Tailandia ha già stanziato 66 miliardi di dollari per investimenti settoriali nel prossimo quinquennio. Per altri versi l’Asean, con i suoi 500 milioni di consumatori, rappresenta un formidabile mercato di sbocco per la Cina, tant’è che è diventata il suo terzo partner commerciale. Ma non si tratta solo di economia. Come in tutte le scelte cinesi, che è uno dei pochi Paesi dove vige ancora la supremazia della politica, dietro si legge un disegno egemonico a scala continentale, per ora, e un attacco all’attuale supremazia della robotica giapponese. Non a caso la Russia comincia a sentirsi isolata e cerca sponda in Europa. E’ preoccupata dalla disparità numerica – 150 milioni di abitanti contro i 4 miliardi di una Cina allargata – dai progressi tecnologici, economici e militari cinesi, dagli ottomila chilometri di confine, dai vasti territori contesi, dai successi diplomatici e politici del “grande vicino”, in Africa come negli Usa. Tornando ai robot alcuni numeri aiutano a capire l’ampiezza della partita in gioco. Nel mondo sono installati oltre un milione e mezzo di robot industriali, non è noto il dato sui robot di servizio. I principali utenti sono le industrie: automobilistiche, elettroniche, chimiche, delle materie plastiche, della gomma, dei metalli, dei macchinari e alimentari. Nel 2012 circa il 70% dei nuovi prodotti è andato in Giappone, Cina, Stati Uniti, Corea e Germania. Ogni anno vengono venduti circa 160.000 nuovi robot industriali per un valore di 26 miliardi di dollari e con un incremento medio annuo del 6%. Il Paese a più alta densità di robot è la Repubblica di Corea con 396 robot ogni 10.000 addetti, seguono il Giappone con 332, la Germania 273, la Svezia 164, il Canada 103. La media mondiale 2012 è 58. 80 Europa, 68 Americhe, 47 Asia. Nell’industria automobilistica il Giappone detiene il primato mondiale con 1562 robot ogni 10.000 addetti. Nelle tabelle che seguono la distribuzione di robot ed il loro incremento per le principali aree di mercato:
È evidente che il tasso di automazione industriale è un sicuro indice della “forza” industriale, produttiva e competitiva di una nazione. Questo fa comprendere con chiarezza l’importanza strategica di puntare sull’industria robotica. E’ altrettanto evidente che il know-how nel settore dell’automazione industriale costituisce un enorme facilitatore per lo sviluppo dell’automazione di servizio (dai robot domestici e ospedalieri fino agli ausili per i diversamente abili) che rappresenta il piùpromettente mercato dell’immediato futuro.  

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