mercoledì 15 ottobre 2014

La prima delle riforme: lo Statuto del cittadino

di Angelo Romano
Il rapporto stato – cittadino in Italia non è mai stato, salvo brevi parentesi, particolarmente buono. Ciò a causa, via via, delle forzature imposte dall’amministrazione piemontese agli stati annessi, soprattutto al Sud, nella fase post-unitaria, degli abusi perpetrati dalle classi dirigenti fin dai tempi dell’”Italietta” giolittiana, dei sacrifici per guerre non sempre condivise, della cascata di scandali, brogli, ruberie e malversazioni dell’Italia repubblicana. Il culmine lo si è raggiunto prima con “Tangentopoli” e poi con le vicende della “Casta” e degli abusi di potere. Ciò ha fatto sì che il rapporto dei cittadini con lo Stato e le sue istituzioni non sia mai stato limpido, anzi è diventato sempre più guardingo, pregiudiziale, sfuggente. In particolar modo nei rapporti politici, erariali e giurisdizionali. Il danno che ne subisce il sistema Paese è enorme. L’evasione fiscale, la scarsa competitività, il complessivo declino, la debole credibilità internazionale, sono, per buona parte, figli di quel rapporto viziato. Se il cittadino è considerato solo una pecora da tosare senza che la sua lana concorra visibilmente al benessere generale l’evasione deve dilagare, se l’imprenditore ha per nemico lo Stato e le sue bizzarre ed ottuse regole e non i suoi concorrenti non c’è competitività ma solo declino, se le scelte dello Stato non sono supportate dal coeso favore popolare non c’è credibilità per quelle scelte. Per queste ragioni, oltre che per motivazioni di “adeguamento civile”, occorre rifondare il patto sociale. Questa è la prima riforma necessaria al Paese, la più essenziale. Senza questa riforma tutte le altre rischiano di essere soltanto “aria fritta”. Con legge costituzionale va introdotto il richiamo ad uno ”Statuto del cittadino” e con legge sub-costituzionale esso va realizzato. Nello Statuto vanno declinate le regole della cittadinanza, le libertà e i diritti inviolabili, i limiti che lo Stato non può travalicare, i reciproci doveri dei cittadini e dello Stato. Vanno elencati i requisiti per la cittadinanza, le libertà assolute (di pensiero, di coscienza, di opinione, di affettività, di generazione, di autodeterminazione, di credo, di lavoro, iniziativa e impresa, di proprietà, di disponibilità del proprio corpo e patrimonio) e quelle regolate (come mobilità, insediamento, riservatezza, aggregazione, partecipazione, e via dicendo); vanno enumerati i diritti inviolabili dei cittadini (dignità, diritti civili, educazione e istruzione, sviluppo del talento, sicurezza, salute, giustizia rapida, equa, accessibile, informazione corretta e plurale, solidarietà sociale, limiti massimi del prelievo fiscale e del carico burocratico, limiti alle restrizioni legali della libertà personale e particolari caratteristiche della custodia cautelare con esclusione del carcere ordinario, alla trasparenza ed alla rendicontazione sull’uso delle risorse pubbliche, al riconoscimento dei meriti civili. Vanno precisati i doveri di cittadinanza e tra questi il voto, la contribuzione fiscale, il rispetto e la cura della cosa pubblica, contribuzioni solidali in caso di calamità nazionali e piccole quote di impegno solidale. Infine vanno posti severi limiti all’ingerenza, al peso ed al costo dello Stato e dei suoi apparati. Solo così si può rinverdire la coesione nazionale, necessaria per cambiare passo, per ritrovare le ragioni dello stare insieme, per condividere nuovamente un comune orizzonte, per essere comunità nazionale.

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