mercoledì 15 ottobre 2014

Renzi azzarda, ma corre. E la destra insegue col fiatone

di Aldo Di Lello
Non c'è dubbio che quello di Renzi sia un azzardo, ma si tratta di un azzardo popolare. Il premier ha fatto quello che la politica non fa da parecchio tempo: riportare la macroeconomia all'economia domestica. E allora non ci vuole molto a immaginare che a fine maggio - secondo l'annuncio di Renzi - dieci di milioni di lavoratori, quelli che guadagnano meno di 1500 euro netti al mese, saranno un po' più contenti, perché riceveranno una busta paga più pesante di 80 euro. Se poi - facendo i classici conti della serva - sono in due a portare lo stipendio (e allo stesso livello di reddito) a casa, vuol dire che in famiglia entreranno presto 160 euro in più al mese. E per una famigliola che vive l'angoscia della terza settimana ciò rappresenta un bell'aiutino. Il giovane premier è andato insomma sul concreto, stabilendo una prima discontinuità con lo stile dei governi precedenti, che annunciavano il miglioramento dei conti italiani, la discesa dello spread, la ripresina imminente senza però che questo migliorasse, neanche di una virgola, la vita di milioni di italiani. Né c'è solo la riduzione fiscale a vantaggio del lavoratori nel pacchetto del presidente del Consiglio, ci sono anche misure gradite dalle imprese come la riduzione del 10% dell'Irap (finanziata dall'aumento al 26% delle tasse sulle rendite finanziarie); come il saldo, entro luglio (facendo ricorso alla Cassa depositi e prestiti), di 68 miliardi di arretrati alle imprese creditrici della Pubblica amministrazione; come in una maggiore libertà concessa sui contratti a termine e come l'eliminazione dei paletti che rendono complicato l'apprendistato. Detto ciò, quella di Renzi rimane una scommessa rischiosa, come persino la stampa a lui più vicina, a partire da "la Repubblica", non ha mancato di rilevare. Il balletto delle cifre intorno a questa manovra rimane sconcertante, soprattutto per quello che riguarda le coperture, a partire dall'entità dei tagli alla spesa pubblica. Le cifre annunciate da Renzi non collimano con quelle fornire a sua volta dal commissario alla spending review Carlo Cottarelli. Se il primo spara 7 miliardi per il 2014, il secondo si tiene più prudentemente sui 3, avvertendo anche che bisogna cominciare subito a maneggiare le forbici. E' probabile che Renzi scommetta sulla ripresa dei consumi ai fini del miglioramento della situazione macroeconomica del Paese. Ma, se poi questa spinta si dovesse rivelare insignificante o comunque decisamente al di sotto delle aspettative, che cosa accadrebbe? Il conto finale per i contribuenti potrebbe essere particolarmente salato, con lo spettro della patrimoniale, ad esempio,che si tramuterebbe quasi certamente in realtà. Renzi sta facendo, in un certo senso, con lo scudo fiscale, quello che a suo tempo fece Berlusconi con l'Ici. L'impatto sui conti pubblici fu allora pesante. Speriamo, tra qualche mese, di non essere costretti a rivedere un film già visto. Rimane però il fatto che Renzi corre oggi come una lepre e costringe tutti a inseguirlo. A partire da una destra (chiamiamola così) confusa, attardata e perennemente sbraitante. Quello che fatica a emergere (anzi che neanche ci prova a farlo) è un pensiero alternativo, un'idea dei problemi italiani più dinamica, credibile e coerente. La visione economica di Forza Italia è vecchia di almeno dieci anni e, nel periodo recente, s'è tradotta solo negli ossessivi attacchi che Brunetta ha rivolto a Saccomanni. Quanto a Fratelli d'Italia, è ormai al di fuori di ogni ragionevole orbita, avendo proposto, come è noto, la fuoriuscita dall'euro. Eppure, mai come oggi ci sarebbe bisogno di proposte ragionevoli, argomentate e ben radicate nella realtà italiana. Libera Destra ha già dimostrato, con la proposta sul mercato del lavoro, che esiste un ampio spazio per iniziative serie. E' questa la strada da percorrere. In caso contrario, e se continua con il basso profilo, l'intero schieramento di centrodestra italiano rischia di ritrovarsi un giorno non lontano al di fuori della storia. E senza neanche capire perché.

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