mercoledì 15 ottobre 2014

Ne ho viste di cose in quel di Bruxelles...

di Giuseppe Tatarella
"Io ne ho viste cose che voi umani non potreste neanche immaginarvi" diceva il replicante Roy Batty in Blade Runner. Essendo piú modestamente una persona qualunque, ho visto dalle parti del Parlamento Europeo a Bruxelles cose sulle quali sarebbe opportuno riflettere. Ho visto Gianfranco Fini ricevuto con la deferenza dovuta ad uno statista dai massimi esponenti della politica europea, da Martin Schulz, presidente del Parlamento e leader dei socialisti, a Joseph Daul e Antonio Lopez Isturiz, presidente e segretario generale del Partito Popolare Europeo fino al principale esponente dei conservatori Martin Callanan. L'ho ascoltato discutere con passione, intelligenza e rispetto, nella bella cornice della libreria Piola di Bruxelles (rivelatasi peraltro luogo di capienza troppo ristretta per l'interesse dell'evento), con Gianni Pittella (Pd) ed Erminia Mazzoni (Ncd) del suo libro "Il ventennio". Ho ascoltato sull'Europa e sull'euro parole prive di retorica e di demagogia, che richiamano le classi dirigenti non solo politiche dell'Unione ad una assunzione di responsabilità. Se c'è un tratto distintivo degli argomenti di Fini è che non si affidano mai a furbizie verbali, ad artifici retorici, a suggestioni: benissimo il sogno dei padri fondatori, il richiamo ad un europeismo di alto ed eroico lignaggio. Ma l'Unione si costruisce sulle risposte che sa dare ai problemi dell'oggi e del domani: qualunque tentazione di campare di rendita, sulle vestigia di un passato glorioso, è destinata al naufragio nel malcontento popolare dovuto ad una lunga, drammatica, perdurante crisi. Sarà anche il vantaggio di non dover fare calcoli di bottega personali o di partito, la forza dell'epoché, del distacco e della distanza dall'agone elettorale, ma Fini ha saputo esprimere e trasmettere la forza e la dignità di una destra politica che non è soltanto europeista, ma compiutamente europea, adeguata alle sfide del governo, pensosa della transizione e dei suoi travagli, pronta a fare la sua parte e a competere per un Vecchio Continente che non si ritrovi emarginato dai nuovi equilibri planetari. Il giorno dopo questa bella giornata sotto le insegne della "destra repubblicana", quella che antepone ed ha sempre anteposto al proprio miope calcolo di partito la difesa del bene comune, della Patria nazionale ed europea, ho purtroppo dovuto vedere altri esponenti di quella che sono abituato a considerare la mia area politica che usavano il nome della destra per rivendicare improbabili ponti e alleanze con Marine Le Pen e il Front National. Capisco che i problemi di sopravvivenza inducano, talora costringano a scelte ineleganti; ma fa davvero impressione vedere i presunti eredi di coloro che Le Pen padre considerava maestri e punti di riferimento, accodarsi alla Lega per trovare uno strapuntino alla corte della bionda Marine. Fa tristezza vedere uno come Gianni Alemanno, già sindaco della Capitale e ministro delle Politiche Agricole, che specie in questa veste sa bene quanto fragile sarebbe la nostra agricoltura senza i robusti argini della Pac, comportarsi da apprendista grillino. Per carità, non è in discussione il pluralismo, la legittimità degli interrogativi, la consapevolezza che la crisi drammatica della destra politica richiede risposte complesse: ma c'è un limite ai ribaltoni e alla decenza. Fermatevi, vi scongiuro.

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